LE VICENDE CHE HANNO CONDOTTO ALL'ACCERTAMENTO DELLA TITOLARIETA' DELLO STABILE ED ALL'APROFONDIMENTO DELLE SUE ORIGINI FINO AL TEMPORANEO RIUSO A SCOPI CULTURALI
Tra i miei ricordi di infanzia, legati alla chiesa di San Francesco, riaffiora spesso l'immagine imponente ed affascinante del nostro Saturno a cavallo. Ancora oggi basta varcare la soglia di ingresso frontale ed alzare lo sguardo, per poterlo ammirare, mentre domina la navata centrale, svolgendo pienamente il suo sempre vivo richiamo al nostro senso di appartenenza. Solo crescendo, grazie ai severi insegnamenti di mia nonna, gradatamente ho appreso che non si trattava di una immagine sacra, ma del nostro stemma comunale. Questo affresco in terra d'ombra, con il suo tipico colore bruno, è rimasto fino ad oggi pressochè intatto, ed al suo posto d'onore, molto probabilmente, fin dal 1876. L'anno in cui il Municipio potè imprimere il proprio emblema sulla antica chiesa, in quanto riconosciuta anche ufficialmente di sua proprietà. Una supposizione apparentemente logica e scontata, trattandosi dell'unica chiesa in cui il signum comunitatis campeggia in modo così vistoso, ma, storicamente dimostrabile solo attraverso un progressivo, faticoso ed interminabile rinvenimento di specifiche testimonianze, in parte qui di seguito riportate. La loro ricerca ebbe inizio nei primi anni settanta, militando nella locale Pro Loco, appena ricostituita. Allorquando si avvertì pesantemente la assoluta mancanza di uno spazio pubblico da destinare a manifestazioni culturali. Una esigenza molto sentita, per la quale, la chiesa di S. Francesco poteva rappresentare una splendida soluzione, stante la sua rendita di posizione ed in quanto inutilizzata da tanti anni a causa della sua inagibilità. Successivamente, quale consigliere comunale, potendo avere accesso al relativo fascicolo giacente presso il Comune, mi misi subito all'opera per cercare di scoprirne l'origine, e trovare poi il modo per giungere ad un suo recupero, senza perdere di vista la possibilità di raggiungere un accordo con la Curia per un suo riuso, sempre convinto che non ci sia nulla di più dissacrante del non uso. Il fascicolo era in ordine, tra i tanti documenti che lo componevano, ricordo e conservo le copie delle appassionate relazioni del geom Sergio Benedetti sui rilievi dei danni subiti dallo stabile, tra guerra, incuria, degrado e inerte non curanza(1). Ma ciò che suscitò particolare attenzione furono le affannose ricerche sulla titolarità dello stabile, in mancanza della quale, l'Ufficio Del Genio Civile non poteva concedere i fondi stanziati. Tali ricerche risultano alacremente condotte dallo stesso tecnico, e dagli amministratori, tra i quali ricordo il maestro G. Guidi. L'impellente necessità di colmare questa lacuna mi risultò comprensibile solo dopo aver rinvenuto una missiva della Prefettura, veramente singolare, del 4/5/1966 (prot.1169 Div. I/C), con cui si sollecitava al Comune una risposta ''circa il carattere giuridico della Chiesa e gli estremi dell'atto con il quale codesto Comune ne è divenuto proprietario''. Ma, forse è meglio procedere per gradi, in ordine cronologico. Dall'esame degli atti risulta che nel 1953, preoccupanti lesioni e cedimenti del tetto e del pavimento, indussero il Comune a richiedere fondi per salvare l'insigne monumento (nota n. 3125 del 30/09/1953 diretta al Genio Civile VT). Solo nel 1964, giunsero i primi insufficienti stanziamenti e, con essi, le conseguenti ed impreviste difficoltà procedurali per il loro impiego, non potendosi dimostrare ufficialmente, da parte del Comune, la predetta titolarità dello stabile, nonostante le citate affannose ricerche. Finalmente, dopo anni di indagini, giunge la nota della Direz. Gen. Fondo per il Culto, diretta al Comune, in data 26/11/1968, del seguente lapidario tenore: In esito alla richiesta sopraddistinta, si trasmette copia del verbale del 24/4/1876, concernente la cessione della chiesa in oggetto dal Fondo per il Culto a codesto Comune di Sutri. Tale atto di trasferimento (rinvenuto all'allora UU. RR. di Ronciglione), denominato Processo verbale di cessione del fabbricato ad uso convento dei Padri della Penitenza in Sutri a favore del Comune di Sutri per adibirlo per l'Istruzione Pubblica'' stipulato il 24 aprile 1876, ebbe luogo sulla base di quanto previsto dall'art. 20 della L. 7/7/1866, n. 3036, ove si stabiliva che ''I fabbricati dei conventi sgombri dai religiosi saranno conceduti ai Comuni per l'uso di scuole''. Molto probabilmente, essendosi perduta la memoria storica di tale atto di trasferimento, si riteneva che soltanto i locali dell'ex convento, fossero di proprietà comunale. Sappiamo, infatti, che fin dal primo dopoguerra, questi ambienti erano adibiti alla pubblica istruzione e Caserma dei Carabinieri. Negli anni cinquanta, dopo la demolizione di una parte del chiostro, subentrarono altri usi sempre di carattere pubblico, fino a giungere alle attuali sedi dei nostri Ambulatorio, Banda Musicale, Croce Rossa, AVIS ed altro, in relazione ai quali non si è mai nutrito alcun dubbio sulla loro intestazione al Comune. La specifica disposizione che sanciva il definitivo riconoscimento della chiesa al Comune, era inserita in uno degli articoli centrali del verbale di cessione, sfuggito ad un mio primo esame, stante la non facile decifrazione del testo. La sua scoperta, quasi casuale, ebbe luogo solo nella primavera del 1987, alla vigilia di un incontro con il nostro vescovo S. E. Mons Marcello Rosina. Nel riesaminare tale atto di cessione, che intendevo sottoporre al vescovo, rinvengo finalmente l'attestazione specifica ed incontrovertibile che anche lo stabile appartiene al Comune. Infatti, all'art. 8 si sancisce testualmente che ''la Chiesa annessa al chiostro viene pure compresa nella presente cessione'', vincolando il Comune accettante ''a tenerla aperta al culto facendola uffiziare a tutte sue spese senza che il Fondo pel Culto debba sottostare a spesa di sorta nè per la ufficiatura, nè per la conservazione del fabbricato della chiesa stessa'' [...]. Sulla base di tale determinante scoperta, e di quanto verbalmente concordato con il Vescovo, durante il predetto incontro, il 24/06/1987 viene inoltrata una richiesta ufficiale destinata al medesimo. In essa, si evidenziava che l'insigne edificio, da oltre trenta anni non era più destinato al culto, stante la sua inagibilità strutturale, chiedendo, pertanto, la stipula di una convenzione per adibirlo a Centro Culturale Polivalente ad uso del Comune e della Diocesi, fermo restando il vincolo della sua natura di luogo sacro, sulla cui permanenza, il Vescovo fu irremovibile. Il 3 luglio 1987 lo stesso Vescovo rispondeva con una nota di assenso di massima, proponendo tra l'altro, l'istituzione di una commissione paritetica per l'approntamento dei necessari atti. Dopo aver preventivamente acquisito le opportune conferme presso gli organi competenti, sulle orme di quanto già realizzato da altri Comuni, quali Bolsena, Capranica e Tuscania, si giunse al perfezionamento di una bozza di convenzione. Successivamente, il 7 aprile 1989 pervenne il nulla-osta del Vescovo, al quale fece seguito, il 17 aprile 1989, la immediata stipula della Convenzione per il riuso della chiesa. La convenzione divenne immediatamente valida ed efficace dopo il VISTO RESO ESECUTORIO del 26/08/1989, espresso dal competente CO.RE.CO., in ordine alla sua legittimità. A tal proposito, giova aggiungere che nella parte storica di tale convenzione, figura una premessa essenziale e basilare, tendente a precisare e ribadire che la titolarità della chiesa venne acquisita il 24 aprile 1876. Tale diretto trasferimento della proprietà poneva di per sè il Comune al di fuori del campo di applicazione delle innovazioni introdotte dalla riforma del 1985. Compresi gli effetti prodottisi con la istituzione del Fondo Edifici di Culto, presso il quale confluirono le chiese non aventi una precisa titolarità giuridica e patrimoniale. Per alcuni e felici anni il Comune ha direttamente gestito e disciplinato il riuso della Chiesa per eventi di cultura, arte e spettacolo, secondo le regole concordate, affidando ad una commissione paritetica tra Curia e Comune, la verifica sulla idoneità di ogni evento per il quale fosse richiesto l'uso dello stabile. Tale prezioso riuso della chiesa cessò, inspiegabilmente, senza alcun cenno ufficiale, allorchè vi ebbe luogo la celebrazione di una funzione religiosa che sancì, di fatto, il ripristino del prioritario ed originario impiego dell'edificio per il culto, e con esso il ritorno dello status di dominus, da parte della Curia. Tale perdita per la comunità venne, poi, a consolidarsi definitivamente, durante il periodo di temporanea inagibilità della Cattedrale, dovuto a pesanti interventi di ristrutturazione e consolidamento. Per tutta la durata di tali lavori presso la cattedrale, la chiesa di San Francesco sopperì egregiamente alle esigenze del clero e della popolazione, tornando, però, in via permanente al suo uso originario, con annesso ritorno di molteplici nuove e moderne immagini sacre. Si giunse, così, di fatto, senza l'adozione di alcun atto ufficiale, alla disaplicazione della vigente convenzione, ignorando e vanificando, in tal modo e senza alcun rispetto, gli accordi faticosamente raggiunti tra la Curia ed il Comune. Sui provvedimenti adottati successivamente, preferirei stendere un velo, ritendoli atti di dubbia validità, in quanto essenzialmente basati su presupposti presumibilmente errati o inesitenti. Il cui unico apparente risultato positivo è costituito dal risparmio delle spese di manutenzione dello stabile, conseguentemente non più gravanti sul bilancio del Comune... ma qui si rischia di invadere un altro campo... che comporterebbe giudizi di valore... al di là dei quali, una cosa è certa: la rivendicazione della titolarità della chiesa non può essere considerata una mera questione di principio, in quanto ad essa discende, non solo il suo riuso, ma, anche la connessa proprietà delle pertinenti opere d'arte, custodite nel nostro Museo del Patrimonium, peraltro, oggi inaccessibile. Tale presunzione, oltre che discendere da una logica naturale, trova il suo fondamento giuridico all'art. 9 della predetta cessione, in cui si legge che si consegnano in pari tempo tutti gli oggetti ed arredi sacri esistenti nella chiesa. Va da sè, quindi, che per quanto attiene alla fruizione e possesso di queste opere d'arte, possiamo e dobbiamo continuare a far valere una situazione giuridica il cui fondamento va ben al di là dell'interesse legittimo, trattandosi di un incontrovertibile diritto soggettivo. Tornando poi, alla tangibile realtà, per quanto superfluo, si ricorda nuovamente che la nostra chiesa rappresentava l'unico contenitore disponibile per eventi culturali, sopprattutto dopo la chiusura dei locali del cinema. Subentrò, quindi, almeno per lo scrivente, dopo un primo attimo di sgomento, una sorta di rassegnazione per tale perdita, resa meno cocente dalla implicita considerazione che forse questo era il volere prevalente della comunità sutrina. Tornando agli aspetti giuridici legati alla predetta titolarià della chiesa, approfondendo l'esame del citato art. 8 del verbale di cessione, si scopre, tra l'altro, che il Comune disponeva anche del relativo diritto di patronato, così sancito: qualora venga dal Comune destinato un religioso monaco all'uffiziatura, deve questo essere preventivamente approvato [...]. Dal diritto canonico si apprende che lo ius patronato, si ita ferant legitime locorum consuetudines, consente al detentore di tale prerogativa, di poter apporre il proprio stemma.
TESTIMANIANZE DAI PROTOCOLLI SUTRINI
Più recentemente, grazie alle ricerche, nell'archivio notarile, condotte da Luigi Zuchi, sono emerse una serie di ulteriori conferme sulla proprietà della chiesa, provenienti da atti sia antecedenti che successivi alla predetta cessione. In una delibera dell'8/10/1887 il Consiglio Comunale autorizza l'apertura di una porta laterale sul muro esterno della chiesa, attiguo alla abitazione del Cappellano, onde consentirgli un accesso diretto. Sulla base di tale concessione accordata dal Comune, quale proprietario dello stabile, e, non dalla Curia, il 18/11/1887, viene stipulato un contratto a favore del Comune stesso, recante la precisa definizione dei limiti e delle modalità di impiego di tale concessione. In un verbale di aggiudicazione del 9/3/1904 si parla di appalto di lavori di riparazione ai muri della chiesa di S. Francesco di proprietà comunale. Una citazione a parte meritano gli atti antecedenti alla ufficiale cessione del 1876, ove oltre al significato storico, traspare chiaramente l'immenso attaccamento dei sutrini alla loro chiesa ed al conseguente diretto impegno del Municipio, che si manifesta pienamente nella sua conduzione ed, in particolare, nelle sue vicende edilizie. Molto probabilmente fu nel 1508 che la chiesa potè assumere l'aspetto e le dimensioni attuali. Grazie alla immensa generosità di Padre Mariano Cristoforo Gregori, del convento di Sutri, eletto Primo Inquisitore l'11/5/1505 e Ministro Provinciale nel 1507 (Theuli), il quale lasciò 500 ducati provenienti da donazioni di privati e della comunità sutrina. Come specifica nel dettaglio il notaio Giovanni Conti (prot. 100), il 29/2/1508 ebbe inizio l'opera di ampliamento, affidata, dagli esecutori testamentari del predetto Padre Mariano, al magister murator Firmus, per la parte destra della chiesa, ed al mastro Cristoforo per la parte sinistra, il nuovo tetto sopra la navata centrale e le due navate laterali ai mastri Giacomo e Valentino... dando luogo alla struttura definitiva che oggi possiamo ammirare. Nell'anno XX dalla incoronazione di Pio IX, in un suo dispacio del 15/6/1864 si autorizza il Municipio ad affidare lavorori di restauro nella Chiesa di S. Francesco ''della Città''. Denotando già, che con l'impiego di una simile accezione, il notaio volesse enfatizzare il particolare status riconosciuto solo a questa chiesa, cresciuta e mantenuta grazie alla munificienza dei sutrini, come meglio conferma Daniele De Marchis(2). Il quale sulla base dei protocolli sutrini rinvenuti dal solito Luigi Zuchi, evidenzia che grazie a donazioni e lasciti pii, iniziarono importanti e radicali lavori nella chiesa, lungo tutto il Cinquecento, richiedendo spesso l'intevento dei pontefici. Ma, più recentemente, nell'approfondire l'esame degli atti connessi ai predetti lavori di restauro, si giunge ad una ulteriore scoperta, che rende tali ricerche ancor più affascinanti ed avvincenti, oltre che prodighe di ulteriori conferme sulla origine della nostra chiesa. Infatti, nell'atto stilato dal Notaio Massimiliano Patricelli il 26/03/1866, nella parte relativa al riconiscimento del restante debito nei confronti dell'esecutore dei lavori di restauro, si legge che lo stesso Gonfaloniere, in nome e vece di questa Ill.ma Comunità dichiara e conferma essere la Comunità stessa vera e legittima debitrice della somma di scudi 772... Ponendo nella formula conclusiva, ''per l'nviolabile osservanza delle cose premesse'', la garanzia costituita dai beni della comunità, rafforzata dal giuramento dello stesso Gonfaloniere Giovanni Flacchi, reso nelle mani del Notaio. Con il senno di poi, aggiungerei che lo stesso nobiluomo, lasciava intendere che avrebbe potuto rispondere direttamente di tale debito mettendo a disposizione il suo ingente patrimonio personale, trattandosi di una delle famiglie più abbienti dell'epoca. Proseguendo nell'analisi di tutto ciò che potrebbe suffragare la ormai nota titolarià dello stabile, vale la pena di ricordare che lo Statuto vigente nello stesso periodo(3), prevedeva che le corporazioni più importanti si riunissero, non a caso, nella chiesa di S. Francesco per eleggere il proprio rettore. Appare, pertanto evidente che la complessità e la ponderosità di tali studi, alla luce delle ulteriori recenti scoperte d'archivio, richiederebbe una ben più ampia trattazione; si rende, quindi opportuno il rinvio ad un studio più completo, dal quale si possa pervenire alla redazione di una esaustiva cronologia di questo insigne monumento, ubicato nel cuore del Centro Storico e da sempre nel cuore dei sutrini, così come era solito esprimersi il predetto tecnico comunale.
ARRIVA ANCHE LO SPUNTO PER DARE NEL VIDEO UN VALORE ESTETICO AGLI ANTICHI ATTI NOTARILI
Le ricerche di cui sopra sono all'origine della sequenza di immagini raccolte nel video e ne rappresentano le fonti. Oltre al coreografico inserimento di foto d'epoca che ricordano le vicende della nostra chiesa di San Francesco, compaiono anche le riproduzioni di alcuni dei citati protocolli sutrini, individuati nel nostro archivio notarile, sempre grazie all'opera instancabile di Luigi Zuchi. Non è facile prendere confidenza con tali manoscritti, spesso redatti con calligrafie che a volte solo il predetto Luigi Z. e pochi altri studiosi riescono a decifrare. Ma, quando ci si imbatte in manoscritti un po' più recenti, redatti accuratamente da amanuensi che privilegiano la bella calligrafia, allora si possono ammirare vere opere d'arte, di una eleganza, bellezza, fascino ed armonia, che nessun moderno word processor potrà mai raggiungere. Ed anche l'accuratezza delle immagini in miniatura riprodotte in certi timbri/sigilli non è da meno, come pure la infinita fantasia mostrata nella elaborazione del signum (logo) che individua il singolo notaio. Così come tanta eleganza ripaga le fatiche del ricercatore, altrettatnto si tenta di rendere nel video, con inquadrature che possano far risaltare il valore estetico, oltre quello incontrovertibilmente storico, nell'illusione, tra l'altro, di poterli sottrarre ad un imperdonabile oblio, in attesa che si provveda alla loro scannerizzazione. Non potendo riassumere letteralmente il loro contenuto in forma poetica, si ripiega, banalmente, su inquadrature che aiutino ad esprimere i concetti in modo rapido, efficace e soprattutto gradevole. Traendo, in tal modo, lo spunto per tentare di dare al montaggio un ritmo capace di infondere nell'animo del navigatore/spettatore un po' di magia e poesia, stimolandone la curiosità, lontano da ogni inutile metodo di persuasione. Come farebbe un vecchio saggio (magari narratore di comunità), senza retorica nè sofistica, in quanto tutto proviene dalla autenticità di certe reminiscenze donate alla storia. Ardua impresa... direi... vivendo oggi, in un mondo ed in un tempo in cui, come dice Umberto Galimberti, tutto è rappresentazione, e, dire il vero è diventato un atto sovversivo... ma ora basta: perchè la verità non si insegna, ma la si scopre... Quindi se i gentili lettori/spettatori/navigatori giudicheranno non aver io fatto cosa vana, mi sentirò compensato abbastanza d'ogni mia fatica. O, quanto meno potrò affermare di aver scacciato la noia... poichè tutto ebbe inizio a causa della clausura imposta dall'epidemia di Covid...
RINGRAZIAMENTI: Oltre ai già citati Luigi Zuchi e Daniele De Marchis, un particolare riconoscimento va all'allora studente di architettura Luigi Franciosini, oggi docente universitario, al quale dobbiamo la redazione di numerosi studi, ricerche e progettti sulla chiesa, offerti al Comune. A Lorenzo Cruciani per il determinante supporto nelle ricerche condotte presso il Comune.