Per quanto personalmente mi riguarda, tutto comincia verso la fine del secolo scorso, in occasione della mia prima visita al Castello di Edimburgo, con la scoperta della meravigliosa spada d'onore, opera di Domenico da Sutri, facente parte dei gioielli della corona scozzese. Poi, nel corso degli anni successivi, Luigi Zuchi, grazie a preziose testimoniamze di archivio, ci ha svelato l'incanto di un mondo di cui fu artefice questo nostro concittadino del 1500. Successivamente, continuando a visitare altri castelli scozzesi, mi trovo per caso, a quello di Donnottar, dove scopro che vi era stata avventurosamente nascosta la stessa spada, donata, nel 1493, al re Giacomo IV da Papa Giulio II. Inutile dire che, da quel momento, sto ancora cercando di approfondire i misteri e le opere della famiglia del nostro concittadino, detto Beccoroscio, nella speranza di diffondere e valorizzare tanta bellezza, di cui noi sutrini dovremmo essere orgogliosi. Proseguendo su questa linea, ulteriormente sollecitato dalle analoghe ricerche, condotte e diffuse dal prof. Daniele Pagani, mi imbatto nella seconda spada, opera dello stesso aurifex, donata, sempre da Giulio II, nel 1510, a Ladislao II re d'Ungheria, fortemente impegnato nella lotta contro i turchi. Questi due capolavori d'oreficeria hanno molte raffinatezze in comune, ma preferirei soffermarmi sulla spada conservata nel Museo Nazionale di Budapest, attingendo ad una scheda redatta in occasione di una mostra sul cristianesimo, organizzata dal museo di Budapest e ad una analoga descrizione, curata dalla dott.ssa Fiorella Proietti, sulla base di quanto scoperto dallo zio Luigi Zuchi. Si tratta di una spada di stato finemente decorata: l'impugnatura è impreziosita da un grande pomo discoide, con al centro un cerchio di smalto blu, e da due splendide foglie di acanto, poste su ambo i lati, che richiamano, naturalmente, il tipico ed immancabile motivo ornamentale dei capitelli corinzi. L'elsa, in argento dorato, è costituita da due delfini (1), la cui coda termina con due ghiande riprese dallo stemma del papa; su entrambe le facce, la lama reca l'incisione del papa donante. Per non parlare del fodero, in argento dorato traforato, e della cintura in broccato d'oro, entrambi decorate sempre con foglie di quercia, ghiande e maschere grottesche. Da una pubblicazione francese La Revue de l'art ancien et modern del 1901 (2), apprendiamo che le dimensioni di queste spade benedette richidevano l'impiego di ambedue le mani. Le testimonianze più antiche risalgono a Paolo I (757 - 767). Famosa fu la donazione da parte di Innocenzo III al doge di Venezia nel 1177. Sempre da questa pubblicazione abbiamo la conferma che il nostro concittadino Domenico aveva il monopolio delle rose d'oro, donate da Giulio II. Al riguardo, ci rende noto, la predetta F. Proietti, che in un affresco posto nella volta della sala dei ''Fasti'' in Palazzo Farnese di Caprarola, viene raffigurato il conferimento della rosa aurea, avvenuto nel 1435, da parte del papa Eugenio IV a Ranuccio Farnese, comandante dell'esercito pontificio. Ma, al di là di questa fugace introduzione: meglio...far parlare le immagini di questi due splendidi gioielli, a cui fanno seguito altri reportage di ulterirori simili spade, sempre provenienti dalla famiglia di Domenico da Sutri, oggi esposte in diversi musei d'Europa, dove, grazie a questo nostro concittadino, riecheggia il nome di Sutri... quale luogo di provenienza dell'autore di tanto splendore. A tal proposito merita una particolare menzione l'opera meritoria di studio e diffusione condotta dal prof. Daniele Pagani, al quale dobbiamo l'iniziativa che ha permesso di avere una riproduzione della spada, custodita al castello di Edimburgo, la cui copia è destinata ad essere esposta nella cripta della nostra Cattedrale a perenne ricordo di tanta bellezza...