IL MITO DEL NOSTRO FONDATORE
Dopo aver sommariamente trattato, nel primo capitolo, e nel secondo capitolo la classica iconografia del nostro Saturno, proviamo ora a delinearne la figura, negli aspetti che più ci stanno a cuore, in quanto curiosi ed attivi cittadini di Sutri. Per i romani è Saturno, che insegna a coltivare le messi, donando benessere e serenità. Non a caso, dice il Nispi Landi (1), il nostro stemma si compone del Re Saturno raffigurato a cavallo e avente nella mano destra tre spighe di grano, che tiene in alto volendo addimostrare la fertilità del territorio sutrino, dove introdusse vari metodi di agricoltura, come il concimare. C'è chi immagina, addirittura, come Marcello Zoli, che le tre spighe possano simboleggiare la capacità di ottenere ben tre raccolti nell'anno. Non mancano, comumque, raffigurazioni in cui compare anche con quattro o cinque spighe, oppure con un vero e proprio mazzo di spighe. La falce, con cui viene generalmente, rappresentato, nelle tipiche raffigurazioni mitologiche, è una eredità che non ha a che fare con la mietitura, ma con la falce che sua madre gli ha dato per evirare il padre Urano. Ma, lo stesso Nispi Landi, ammonisce: ''il Saturno che divorava gli uomini...che era perfido: queste cose non spettano ad esso... ma al Crono, quello dai greci essersi scambiato con Saturno''... Aggiungendo, peraltro: ''Dionisio stesso vi cade quando dice che Saturno è il dio del tempo''. Sempre il Nispi L., dopo infinite dissertazioni, a pag 127, sentenzia: ...''per conclusione definitiva, i 7 anni affluenti dal 1453 al 1460 a.C. fanno stabilire Sutri essere stata fabbricata da Saturno capo pelasgo, già dominatore della Tirrenia, e dalla posterità chiamato re''. Al riguardo Dionigi D'Alicarnasso narra che Aborigeni (i più antichi abitanti del Lazio) e Pelasgi (pre-ellenici provenienti dal Peloponneso) convivevano in una regione italica che assunse il nome di Saturnia; Virgilio conferma che il loro primo re fosse proprio Saturno, al quale succeddette il figlio Pico; poi fu la volta del figlio Fauno, per poi guingere al figlio Latino che accolse i Troiani in fuga guidati da Enea. Significativo, per comprendere l'alone di leggenda che più ci affascina, appare il disegno di Maso Finiguerra, inserito nella Cronica Fiorentina Figurata (1460 circa) (2), conservata al British Museum (riportata nel video), ove Saturno, in forma umanistica, viene ritratto ed individuato come il re latino che ha insegnato ai Romani l'agricoltura e come fondatore di Sutri, con un mazzo di spighe in mano, circondato da svariati tipi di falce, tra le quali figurano anche quelle per mietere. Il tutto, sormontato da un misterioso sfondo, la cui composizione dovrebbe raffigurare il profilo degli edifici più importanti della nostra città, composto da strutture monumentali, non tutte facilmente riconducibili a palazzi a noi noti, tra i quali svetta una sorprendente, quanto ignota cupola, la cui presenza andrebbe studiata, trattandosi di un disegno realizzato in pieno Rinascimento: periodo durante il quale gli artisti tendevano a rappresentare la realtà visiva, senza troppi giochi di immaginazione. Proprio nel Rinascimento italiano non mancano, peraltro, tentativi di una certa riabilitazione umanistica di Saturno; una volta considerato il più sinistro degli dèi, divoratore dei propri figli, ma, anche trionfale dio del tempo e nobile fondatore di città, cercando di attribuirgli una immagine che potesse far dimenticare l'aspetto malvaggio e cupo, troppo in contrasto con le esigenze di una cultura che stava facendo tornare gli antichi dèi ad essere vere e proprie divinità. Si rende, quindi, necessaria una interpretazione globale di tale disegno, che non trascuri le componenti del predetto skyline, dominato da torri e, soprattutto, da tale strana cupola, come sollecita l'amico prof Daniele Pagani, il quale, in una sua conferenza, oltre ad aver diffuso tale scoperta, ha segnalato, peraltro, che dall'esame di tale volume, emerge una annotazione che evidenzia la scomparsa di un ulteriore disegno, da ritenere inizialmente ricompreso nel testo originale, attualmente conservato al British Museum. Questa immagine mancante, originariamente affiancata a quella che possiamo ancora vedere, probabilmente consentiva di avere un allargamento della linea dell'orizzonte, le cui caratteristiche potrebbero rivelarsi preziose per giungere alla sua completa interpretazione. Non rimane, quindi, che sperare di poter rinvenire la pagina mancante in una delle innumerevoli copie esistenti di tale raccolta di disegni, sparse nel mondo, in mani private. Sempre riguardo alla figura di Saturno, quale mitico fondatore di Sutri, lo stesso Marcello Zoli, sul cui operato spero di tornare, mi faceva presente che sussistono due posizioni divergenti: per il Nispi Landi è esistito un solo personaggio recante il nome di Saturno, mentre per Lucas Holstenius, vi furono vari personaggi con questo stesso nome, ritenuti fondatori di diverse città in Italia. Tutti argomenti affascinanti che ci inducono a rivedere se esiste qualche punto di contatto con le conclusioni della vecchia disputa sulla individuazione delle vere origini del popolo etrusco: tra chi sostiene la tesi dell'autoctonia e chi quella della immigrazione di popoli stranieri. Proprio mentre il fervore di tale dibattimento appare un po' più debole, sembra potersi constatare che si stiano rafforzando le posizioni degli studiosi che ritengono ancora basilare la tradizione letteraria, soprattutto laddove risulta suffragata da più recenti riscontri di carattere archeologico. Potremmo, pertanto, riaccostarci alla tradizione romana avente come cardine le presunte immigrazioni dei popoli che contribuirono alla formazione dell'Etruria, compresi i Pelasgi, non a caso, ritenuti fondatori di Sutri. Tutte queste affascinanti considerazioni sulla origine degli etruschi, essendo in qualche modo connesse al mito del nostro Saturno, ci inducono, quindi, a tornare su quanto prospettato dal Pallottino (superamento del concetto di origine, e prevalenza di quello basato sulla formazione), anche se la recente ricostruzione storica, di Mauro Tagliani, nella sua ultima fatica (2022-Origine degli Etruschi-Edizioni Efesto), dopo aver condotto studi e ricerche sulla cultura villanoviana, conferma la validità della prevalente tradizione romana, basata su una effettiva migrazione di genti dalla Lidia, con una non trascurabile componente pelasgica. Anche Omero (nel IX sec a.C.?), Dionigi di Alicarnasso e Strabone (I sec a.C.), parlano dei Pelasgi evidenziando che essi lasciarono il Pelopponneso nel XVII a.C., poi, in obbedienza ad un oracolo giunsero in una terra chiamata Saturnia, oggi Italia. Anche Virgilio afferma che i pelasgi ''per primi... occuparono i confini del Lazio'', fino a quando, colpiti da sciagure emigrarono verso la Grecia, colonizzando anche Lemno (dove sono state rinvenute iscrizioni etrusche) e costruendo le mura dell'Acropoli (Erodoto), in un'epoca antecedente alla guerra di Troia, nel XII a.C.. Potremmo fermarci qui per quanto ci riguarda, ma, per una questione di orgoglio, non posiamo tralasciare l'ultimo grande latinista che fu il Petrarca, poeta e viaggiatore instancabile, sempre pronto a raccontare le sensazioni trasmesse dal mondo naturale (primo ambientalista), per il quale, tra l'altro, qualcuno giunse a proporre la costituzione di un Parco Letterario tra Sutri e Capranica. Egli, durante il soggiorno di due mesi a Capranica, in occasione del suo viaggio a Roma, su invito dei Colonna, avvenuto tra il 1336 e il 1337, con un pò di ironia e occhio distaccato, affascinato dalla mitologia classica, e ammirando i nostri campi di grano, considerati i più antichi d'Italia, nelle Familiari (libro II, 12), dopo aver descritto il Soratte ed il Lago di Vico, citati da Virgilio (Aen. VII, 696) e da Orazio, recita: a due sole miglia (da Capranica) sta Sutri sede diletta a Cerere, e antica colonia, come dicono, di Saturno: ove non lungi dalle mura mostrano il campo che narrano fosse il primo in Italia a ricevere la semente del grano, e mietuto di quel re straniero, che con tal beneficio mansuefatti e accattivatisi gli animi di quei primi abitatori, regnò su loro tranquillo fin che visse, e venuto dopo morte in voce di dio, dalla gratitudine degli uomini raffigurato qual veccchio nume con in mano la falce fu venerato. Volendo approfondire tali ricerche, senza le necessarie cognizioni e capacità, si potrebbe correre il rischio di continuare a dibatterci tra l'insufficienza dei dati archeologici e la dubbia affidabilità dei dati letterari; per poi rimanere storditi, da una parte, da quanto asserito dal Mommsen, che ritiene favole le narrazioni degli storici antichi, basandosi, però, su argomentazioni bollate dal Pallottino come macchinose elaborazioni non meno fantasiose. Inoltre, c'è chi osserva che si fa presto a ritenere poco credibili le storie degli autori antichi, solo perchè scritte a distanza di secoli, come osserva il predetto Tagliani, al quale, però, non sfugge che Troia venne scoperta sulla base dei poemi omerici, prima tramandati per secoli per via orale. Ricordiamo anche F. Gregorovius che non annovera Sutri tra le città più antiche di Roma (Anagni, Ferentino, Alatri, Veroli e Frosinone) le cui origini, sostiene: risalgono ai tempi favolosi di Saturno ed a quelli dei ciclopi. C'è poi l'affascinante opera della archeologa-scrittrice M. Candida Dionigi (1756-1826), Viaggio nelle città che diconsi fondate dal Re Saturno. Tra di esse non figura Sutri (forse solo perchè non ricompresa nelle località visitate nel suo personale Grand Tour, ma, descrivendo le imponenti mura di tali città si lascia andare ad interessanti considerazioni che meritano rispetto ed ammirazione, ed un certo interesse per noi sutrini. Anche noi forse abbiamo resti di mura simili, che costituiscono il connotato tipico delle città fondate da Saturno. Studiando la loro conformazione, ella rimane particolarmente colpita dal loro aspetto ciclopico, robustezza, perfezione e grandiosità, finendo col supporre che siano state costruite dai Pelasgi, operanti presso queste Città del Lazio, dette per tradizione Città di Saturno. A conferma della sua supposizione aggiunge: questo nome mitologico non dee confondere le istoriche verità con la favola, giacchè s'intende attribuire la fondazione di tali città a quello stesso Saturno, di cui parlando Tertulliano dice nella sua Apologia cap. 10: ''per quanto la tradizione ci insegna, Diodoro Greco, Tallo, Cassio, Cornelio Nepote, ed ogni altro commentatore non conobbero Saturno se non che per un uomo. ...il quale risiedette presso la stessa Italia, dopo varie spedizioni, e dopo la sua dimora nell'Attica''. Proseguendo afferma ancora: in tale opinione convengono quasi tutti gli autori, che dell'antica istoria hanno trattato. Tra i quali cita un passo di Aurelio Vittore, in cui si afferma che: l'origine delle Romane genti si riconosce da Giano, e Saturno loro fondatori...aggiungendo che mentre Giano regnava sulle genti indigene e incolte, giunse Saturno come profugo, e ivi fu accolto. Prosegue dicendo: è noto altresì che Macrobio scrive nel libro primo de' Saturnali, che Giano e Saturno regnarono concordemente e Saturno fondò le Città di Anagni, Ferentino, Alatri, Arpino, ed Atina. Proprio, soffermandosi su quest'ultima, fa trasecolare noi sutrini quando specifica che il suo nobilissimo stemma anticamente rappresentava un vecchio a cavallo con un fascio di spighe nella sinistra; poi modificato con una corona su due colonne con l'epigrafe Atina Civitas Saturni Latio. In un'altra sua citazione degna di nota, fa riferimento a Porcio Catone, Cajo Sempronio, i quali confermano che i Pelasgi partirono dalla Grecia, molto prima della guerra di Troia, e, furono essi ad erigere mura ciclopiche, simili a quelle che ancora oggi possiamo vedere a Tirinto ed a Micene. Dopo tutte queste citazioni e considerazioni, per quanto disordinate e disorganiche, potremmo essere un po' più propensi ad esaltarci assaporando il fascino delle nostre antiche e nobili origini; cercando, soprattutto, di ignorare quanto sentenziato dal Dennis che, nella sua ouvrage monumental, demolisce la storicità dell'epigrafe ''a pelasgiis Sutrium conditur'' (Livio). Godiamoci, quindi, la magia che promana da quell'alone tra storia e leggenda che tutti ci invidiano, compiendo un piccolo atto di fede nei confronti del nostro cittadino onorario Ciro Nispi Landi, le cui esaltanti convinzioni non sono certo paragonabili alle fantasiose invenzioni cui fece ricorso Annio da Viterbo, per esaltare la sua città. Concludendo, mi riterrò quindi appagato se il lettore non considererà del tutto vana questa esortazione scaturita da questa raffica di improvvisate divagazioni, tutt'altro che dotte ed ancor meno esaustive, il cui unico pregio potrebbe essere quello di indurre qualcuno ad approfondire, e soprattutto ad evitare che tanto splendore cada nell'oblio. Ma, per concludere veramente, manca solo una piccola ulteriore stravaganza: cerchiamo di andare oltre ciò che scaturisce direttamente dall'analisi del nostro stemma. Soffermiamoci sulla intera figura di Saturno, in relazione al quale non possiamo fare a meno di tornare sul suo aspetto calmo e regale, sulla sua posa agiata, tipica, nel suo mito, del dio cupo, detronizzato e solitario, in cui figurano tutti i postulati della melanconia, con lo sguardo spesso a terra, il dio delle semine e del tempo onnivoro. Con un duplice aspetto esplicito o intrinseco (un vero dio degli opposti), una volta il dio benevolo dell'agricoltura, la cui festa del raccolto era, peraltro, l'unica ad essere celebrata in una perfetta convivenza tra liberi e schiavi; era anche il sovrano dell'età dell'oro, quando gli uomini avevano abbondanza di tutto, pur rimanendo il dio in cui si fondono melanconia e tristezza, in una sorta di afflizione. In breve: quella forma di tristezza senza motivo, identificabile in una melanconia da cui scaturisce quel tipo di emozione che risiede nella pensosità meditabonda, rinvenibile a volte anche nella poesia lirica, nella musica e perchè no! anche nella pittura. A tal proposito, proprio Sutri, fondata da Saturno, dio della malinconia, è stata la location prescelta per ospitare una rassegna di artisti riconosciuti come ''ECCENTRICI E SOLITARI'' , ed una mostra dal titolo: ''SUTRI, TRISTE, SOLITARIO Y FINAL''... lasciando intravedere un fil rouge che lega non poco questo tipo di malinconia al nostro fondatore... La BIBLIOGRAFIA appare, in una forma alquanto inconsueta, ampiamente riportata nel video atraverso le relative immagini dei testi consultati.
(1) C. Nispi Landi: Presentazione di E. Mitchell: Nel 1887 uscì il volume del Nispi L. sulla storia di Sutri. L'autore, assai verboso e prolisso, che nel primo capitolo, si scaglia violentemente contro i precedenti autori (Bondi, Marocco, Moroni) per la loro mancanza di rigore scientifico, finisce per cadere negli stessi errori; sviato dall'eccessivo desiderio di esaltare e glorificare il passato storico e i monumenti sutrini, indulge frequentemente a notazioni araldiche e mitologiche. Tuttavia la sua opera risulta, senza dubbio, la più importante del secolo XIX perchè, pur non contribuendo allo studio critico dei monumenti, fornisce particolari e informazioni preziose per il riconoscimento di località e per il rinvenimento di resti. Inoltre l'autore ebbe modo di consultare documenti inediti dell'archivio comunale, nonchè di autori locali che oggi non si sono potuti rintracciare.
(2) Trattasi di una raccolta di disegni che si inserisce all'interno di un genere particolare, quello della Cronache Universali (la storia per immagini), il cui intento era quello di conciliare la storia bilblica con quella pagana (Annotazione redazionale di S. Trisciuzzi).