Evento voluto dalla rinata Pro Loco, non solo per decantare la bontà del prodotto, ma, anche per dotarci di un insolito strumento adatto a coinvolgere e sensibilizzare popolazione ed Istituzioni al recupero e valorizzazione del nostro patrimonio storico, archeologico, paesaggistico ed ambientale. Eravamo nel 1974 e già appariva arduo il cammino verso il mantenimento della coltura e della cultura del nostro famoso fagiolo della regina. Le crescenti difficoltà di collocamento del prodotto, sia a Roma che a Civitavecchia: le due nostre pricipali piazze, con una domanda in calo, prezzi non più remunerativi a causa dell'alta incidenza di una manodopera, sempre più scarsa e costosa, e di un basso livello di meccanizzazione, già lasciavano intravedere che non ci sarebbe stato un grande futuro per questa nostra atavica e storica coltivazione che fu, nell'alimentazione del dopoguerra, la nostra principale fonte di proteine e per tanti anni una non trascurabile componente della nostra economia sutrina... Il prodotto, di per sè era ancora famoso, ricercato da intenditori e abbastanza diffuso, ma sempre di nicchia: prova ne sia il fatto che nel 1976, trovandomi in trasferta a Palermo, alla ricerca di un ristorante ove degustare un primo con il nero di seppie...vidi, invece, nel bel mezzo di una accurata e distinta esposizione di verdure, un elegante cartello con la scritta: fagioli di Sutri. Ma, purtroppo era già iniziato il declino di questo storico legume che tutti ci invidiavano: non fu sufficiente puntare sul suo maggior pregio, tanto ricercato dai raffinati gourmet, che ne apprezzavano l'estrema tanerezza della buccia, la cui consistenza diviene pressochè impercettibile... trasformandosi in una soave sinfonia, come sosteneva il giornalista A. Savorelli, in un suo documentario che potete gustare in questa rassegna. Per chi volesse approfondire consiglio la tesi di laurea della dott.ssa Viviana Leo, che ha recentamente analizzato tutti gli aspetti connessi, compresa la trasformazione del nostro paesagggio rurale. Tralasciamo, quindi, l'insorgere delle crescenti difficoltà climatiche e la invincibile concorrenza della dilagante monocoltura della nocciola che fu ed è ancora tutt'altro che gentile e onesta nei confronti dell'ambiente, dando luogo ad una preoccupante metamorfosi ed a notevoli apprensioni per la nostra salute ed il territorio. Va comunque detto che le nostre valli rimangono ancora particolarmente vocate per il recupero di questa leguminosa, come dimostra un gruppo di giovani volenterosi che si stanno prodigando almeno per il mantenimento della tradizione. Fu così che ci si vide costretti ad un diverso orientamento nello sfruttamento di questo evento il cui forte richiamo era in grado di attrarre l'attenzione di chi poteva aiutarci ad intraprendere un nuovo e diverso cammino verso uno sviluppo incentrato sul turismo. Basta guardare le immagini delle prime sagre in cui campeggiano grandi cartelli recanti il motto che esortava a prendere coscienza delle nostre bellezze, quale primo passo verso il recupero e la loro valorizzazzione, fino a delineare un vero e proprio modello di sviluppo basato su questi obiettivi, grazie ai quali, in pochi anni, abbiamo indotto la Regione Lazio ad emanare la legge istitutiva del Parco. Questo doveroso chiarimento deriva da quanto si percepiva in alcuni interventi di carattere politico da parte di giovani aspiranti amministratori, che, ignari dei veri scopi di questa iniziativa, si chiedevano quanto potesse essere stata opportuna la scelta di investire sull'evento-sagra. Credevamo in questa iniziativa, al punto che impostammo un ulteriore progetto denominato fagiolo d'oro, quale ricoscimento per chi si fosse particolarmente distinto per lo sviluppo di Sutri...ma mettemmo troppa carne al fuoco... Quindi, nell'essenza della sagra risiedeva anche una funzione quasi del tutto strumentale: volendo in tutti i modi cercare di attirare l'attenzione sul patrimonio dell'umanità sutrina.
RINGRAZIAMENTI: Tra le mie storiche diaposite del 1975, ed il mio reportage del 1985 si inseriscono le immagini della Sagra-1977 raccolte da Dino Martini, al quale va il nostro ennesimo riconoscimento, non disgiunto da una calda esortazione a non disperdere quel patrimonio di ricordi.